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Le uova (non) fanno male al cuore

di Fulvia Bovera

L’uovo è un alimento nobile. Economico, versatile, ricco di nutrienti. Le sue proteine hanno il più elevato valore biologico tra quelle degli alimenti destinati al consumo umano, pari a uno (il valore biologico delle proteine del latte è 0.91, quello della carne bovina 0.80). Eppure, il contenuto lipidico (11 %) e soprattutto il tenore in colesterolo (un uovo medio ne contiene circa 186 mg) hanno fatto sì che per lungo tempo l’uovo venisse demonizzato, con suggerimenti vari di restrizioni nel consumo (del tipo massimo 2 o 3 uova per settimana).

L’accusa mossa all’uovo, alimento a volte oggetto di disinformazione, è che un consumo, eccedente i limiti prima indicati, possa essere collegato a ipercole-sterolemia e, quindi, all’aumento del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.

Oggi, dopo anni di discussioni nella comunità scientifica e molte ricerche è stato finalmente acclarato che non esiste relazione tra il consumo di uova e l’incidenza di malattie cardiovascolari, come sottolineato nelle Linee Guida italiane per una sana alimentazione, recentemente revisionate dal CREA (Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione). A far aumentare i livelli di colesterolo nel sangue è, piuttosto, la cosiddetta ‘western diet’, tipico stile dietetico alimentare d’oltreoceano sempre più spesso adottato anche nel nostro Paese. Diverse ricerche hanno dimostrato che il consumo frequente di uova (anche 4-5 al giorno) per lunghi periodi (un mese o più) in soggetti sani (adulti o bambini) non modifica il rapporto ematico tra colesterolo cattivo (LDL) e colesterolo buono (HDL), rapporto che viene utilizzato per stimare la probabilità di formazione di placche nei vasi sanguigni.

Quindi, in soggetti esenti da fattori predisponenti all’ipercolesterolemia (predisposizione genetica, disturbi epatici o renali, diabete, alcolismo, ecc.) e che si alimentano con una sana e varia Dieta Mediterranea, il consumo frequente di uova non può essere considerato fonte di rischio.

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